Confusi e... felici.
- Bruno Tarantino
- 12 gen 2020
- Tempo di lettura: 2 min
La collocazione della festa liturgica del Battesimo di Gesù mi sembra alquanto infelice. Solo pochi giorni fa abbiamo contemplato il Bambino Gesù che si rivelava ai magi e il prossimo 2 febbraio celebreremo la sua presentazione al Tempio. Oggi lo troviamo già adulto in fila al Giordano per ricevere il battesimo da Giovanni. E' vero che in ogni celebrazione noi riviviamo l'evento pasquale ma è anche vero che siamo fatti tempo, abbiamo bisogno di vedere una certa sequenza. Detto questo e appurato che non è in mio potere cambiare il corso liturgico cerchiamo di non lasciarci confondere circa il senso di questa festa.
Prima evidenza: il battesimo ricevuto da Gesù non è per nulla paragonabile al battesimo che abbiamo ricevuto noi.
Seconda evidenza: Gesù è un uomo adulto che liberamente sceglie di andare da Giovanni per farsi battezzare.
Terza evidenza: Gesù non aveva alcun bisogno d'essere battezzato.
E allora? Perché leggere questa pagina del vangelo? Perché gli evangelisti hanno scelto di raccontare questo fatto pur sapendo che questo avrebbe creato non pochi problemi alla comprensione della vera identità di Gesù?
Battezzare, parola che per noi designa un rito, nella lingua dei vangeli (il greco) vuol dire "immergere" e, in effetti, Gesù è immerso nelle acque del Giordano. Se teniamo presente questo significato capiamo l'obiezione di Giovanni il Battista, il quale si trova spiazzato dinnanzi alla decisione di Gesù di "immergersi". Il battesimo di Giovanni era condizione perché ogni uomo, e il peccatore più di ogni altro, potesse fare l'esperienza d'essere immerso nell'amore del Padre, era appunto un battesimo di conversione, o meglio, di metanoia, l'invito a cambiare il proprio modo di pensare alla vita, alla fede, a Dio. Gesù non aveva alcun bisogno di conversione, il suo pensiero era già secondo Dio, anzi in lui il pensiero era lo stesso del Padre. Giovanni sa questo e quindi afferma: "Sono io che ho bisogno d'essere battezzato da te", riconosce, cioè, che solo Gesù è la possibilità data all'uomo di fare l'esperienza di immersione nell'amore di Dio.
Ogni uomo, in fondo, in ogni amore cerca l'Infinito. E non lo trova. Il tempo rimette a posto la nostra pretesa-illusione di trovare l'Amore nell'amore. E' questa una maledizione? No. E' il segno della grandezza dell'uomo. Ogni amore in fondo è sempre penultimo. Se siamo sinceri con noi stessi ce ne possiamo rendere conto. Quello che pensavi essere l'uomo e la donna della tua vita non regge all'urto del tempo. Quello che sognavi quando hai avuto il tuo figlio poi nel tempo si rivela incompleto. Quel progetto di bene che era promesso nel posto di lavoro sicuro poi mostri tutta la sua inadeguatezza. Non si tratta d'essere delusi ma semplicemente d'essere consapevoli che nulla può bastare al cuore dell'uomo, di ogni cosa, prima o poi, vedremo il suo limite. Giovanni percepisce che in Gesù questo limite dell'amore è redento dalla presenza dell'Amore e afferma: "Sono io che devo essere battezzato da te".
Eppure Gesù lo invita a compiere quel gesto, usa parole che sono una finestra spalancata al futuro da una prospettiva rivolta al passato. Era necessario che l'Amore entrasse dentro le dinamiche degli amori, ne sposasse tutto il limite e le manchevolezze per riempire l'amore di Infinito.

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