Giuseppe di Nazareth
- Bruno Tarantino
- 19 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Una deriva devozionistica (e non devozionale, che è cosa ben più seria) ci ha consegnato un'immagine di Giuseppe che non corrisponde certo alla realtà (cfr. le varie derive circa il "Cuore castissimo di san Giuseppe" o "il sacro manto" o ancora "il bastone"). Dai racconti evangelici non possiamo ricavare molte informazioni su Giuseppe, tuttavia ne abbiamo alcune che sono essenziali per ricostruirne la personalità. La preoccupazione dei primi secoli del cristianesimo fu quella di affermare la nascita verginale di Gesù, legando quasi in modo sovrapponibile santità e castità. Il Figlio di Dio nasce da una vergine per l'azione potente dello Spirito Santo, questa condizione verginale di Maria doveva essere preservata da qualsiasi macchia di peccato (ancora una volta identificato quasi unicamente da quello che riguarda l'ambito del sesso) per questo i vangelo apocrifi ci consegnano una immagine di Giuseppe come di un uomo ormai avanti negli anni, con figli avuti da nozze precedenti (ecco spiegata la formula evangelica "i fratelli di Gesù") che prende Maria sotto la sua protezione.
Questo dato però non è fedele al dato evangelico che ci dice "Giuseppe che era un uomo giusto decise di ripudiarla in segreto". Se è vero ciò che di lui raccontano gli apocrifi perché mai avrebbe dovuto pensare al ripudio? La verità è molto più semplice. Giuseppe altro non era che un ragazzo, un giovane di circa 20 anni che si era innamorato di Miryam, anch'essa una giovanissima ragazza del suo paese.
Ecco la prima verità su Giuseppe ben David. Un giovane come tanti che aveva in sogno di crearsi una famiglia con la fanciulla di cui si era innamorato e dalla quale era corrisposto, tanto che avevano ufficializzato la loro unione e stavano apprestandosi ad andare a vivere insieme.
Ad un certo punto c'è l'irruzione di Dio nella sua vita e tutto cambia. Lascio ad altra circostanza le suggestioni che ci consegna il racconto evangelico per andare a quello che quest'anno mi sembra il punto focale.
Stiamo vivendo come in un grande film di fantascienza. Il coronavirus ha messo davanti ai nostri occhi il fallimento completo di tutto un sistema di valori su cui abbiamo costruito la nostra società. L'idolo dell'economia di mercato è destinato ad infrangersi davanti a questa crisi mondiale dei mercati. L'illusione di contenere i popoli al di là e al di qua del muro di confine è stata definitivamente distrutta dalla più piccola forma di vita (anzi secondo alcuni scienziati il virus non sarebbe nemmeno una vera e propria forma di vita). La pretesa superiorità del nord del mondo è stata costretta a riconoscere tutta la sua debolezza. I sovranismi sono stati vinti dall'universalità del male. Della politica è stata rivelata tutta la miopia.
La Chiesa in tutto questo ha un grande compito: quello della profezia che non è previsione di eventi futuri ma lettura profonda, intelligente, spirituale (cioè secondo lo Spirito) del presente. Per la Chiesa vale sempre il monito di Gesù "dall'albero di fico imparate..." (cfr. Mc 13,28-37).
Oggi festa di san Giuseppe, custode della Chiesa universale, si leverà una preghiera corale da ogni angolo della cattolicità per chiedere la fine di questo flagello. Ed anche questa preghiera può essere inquinata dal sentimento di paura e di smarrimento del momento presente.
Se c'è un dato che il vangelo ci consegna senza tema di smentita è che Giuseppe in tutta la sua vita ha compiuto solo un'opera: ha custodito Gesù.
E' questa la grazia che possiamo chiedere a Giuseppe, questo è ciò che lui sa fare bene, a questo compito è stato chiamato dal Padre: ha salvato Gesù quando era ancora nel grembo della madre, non consegnando questa alla lapidazione; ha salvato Gesù dalla feroce gelosia di Erode, scappando in Egitto; lo ha salvato una volta tornato in patria, quando viene a sapere che sul trono di Erode ora c'è il figlio; ha salvato Gesù quando, poco più che bambino, era rimasto a Gerusalemme tra i dottori nel Tempio.
Custodisci fratello Giuseppe la vita di Gesù in me, in noi, nella chiesa, nel mondo. E se per fare ciò pensi sia utile aiutarci in questa lotta contro questo terribile morbo aiutaci a vincerlo.
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