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Nella moltitudine delle parole non manca la colpa... (Pr 10)

  • Immagine del redattore: Bruno Tarantino
    Bruno Tarantino
  • 12 apr 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

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Gesù le ore in questa quaresima sono state più lunghe, peggio di quelle trascorse nell’anticamera del dentista o in fila alla posta. Costretti ad una solitudine inconsueta abbiamo avuto tempo per riflettere sulla vita e sulla morte, sulla salute e sulla malattia, sulla noia e la libertà, su noi stessi e su gli altri, sull’amicizia e sull’indifferenza e abbiamo avuto tempo per riflettere su di Te, Signore.

Per questo ho deciso questa notte di non parlare di Te, ma di parlare con Te.

Sai in questi giorni parlare di Te diventa difficile. C’è il rischio di fare la stessa fine degli amici di Giobbe, i quali, nel disperato tentativo di giustificare la condizione di miseria dell’amico, si sono fatti portavoce e interpreti di un’immagine della tua giustizia che Tu stesso alla fine hai dovuto correggere.

Ci portiamo dentro, chissà per quale arcano ed oscuro mistero, un’immagine di Dio che punisce, castiga, uccide. Eppure il Dio che tu sei venuto a raccontarci non è questo, il Tuo Dio è Padre e Madre, che ha cura di tutti i suoi figli e, in particolare, di quelli più discoli, come sembra siamo diventati un po’ tutti noi.

Si, è proprio così, non si vede molta differenza tra credenti e non credenti, tra atei e discepoli. Tutti dentro una grande mediocrità che ha fatto abbassare il livello delle nostre aspettative e quindi dei nostri sogni – progetti – utopie.

Abbiamo cominciato la quaresima ed eravamo ancora liberi. Quel giorno il Padre, per mezzo del profeta, ci ha detto: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti” e ancora, qualche giorno dopo, “Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso… È forse come questo il digiuno che bramo?”

Vedi Gesù queste parole mi ritornano alla mente e al cuore e mi aiutano in un giudizio che parte anzitutto da me stesso e guarda a coloro che mi stanno intorno.

Non so se Tu, Signore, segui le vicende di quaggiù attraverso i telegiornali? Proprio ieri mattina mi colpiva una notizia, te la riporto un po’ a memoria, così come la ricordo. Esiste la FIT, significa Fiera Italiana del Turismo che si svolge ogni anno a Milano, e l’anno scorso ha visto presenti nei suoi padiglioni molti stand che pubblicizzavano manifestazioni legate alla settimana santa. Si puntava molto su questi eventi per “dare il via alla stagione turistica”, cito testualmente. La Tua vita, la Tua passione, la Tua risurrezione come l’arrivo in città del circo, come l’apertura del luna park in un annoiato paese di provincia. Tu eri la scusa ufficiale per i nostri guadagni. E per un attimo ho attualizzato il richiamo di Isaia: “è forse questa la quaresima che voglio? È forse questa la settimana santa degna di un uomo amante della verità?”

Per un attimo ho pensato: “Ecco rovesciati nuovamente i banchi dei cambiavalute nell’atrio del Tempio”. Ma no. Riemerge quell’immagine di un Dio vendicativo, che punisce la colpa dei padri nei figli. Non può essere così, …forse.

Oggi però, in questa notte di Pasqua, mi dici nuovamente, cioè in modo nuovo, che la luce della Pasqua è più grande del buio della croce. La vita ha vinto, è morta la morte per sempre.

Ecco il Tuo invito di questa notte: “Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”. Ci chiami fratelli nonostante i nostri tradimenti, le nostre dimenticanze, le nostre strade sempre più lontane dalla tua. In una bellissima preghiera rivolta alla tua Mamma il poeta Peguy dice: “Abbiamo battuto strade così lontane, non abbiamo più gusto per terre straniere.” Per noi il tempo di questa preghiera, forse, non è ancora arrivato, sentiamo prepotentemente il fascino del vagabondaggio.

“Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”, questa notte siamo tutti investiti da questa grande vocazione, dire a tutti di tornare in Galilea, nel luogo e nel tempo in cui tutto è iniziato. Nella Galilea delle genti, dove l’uomo di ogni tempo vive la sua vita tra il desiderio e l’indifferenza, tra il sogno e il cinismo. Mi dici di fare memoria di un tempo e di un luogo in cui non mi era dato ancora di conoscerti, nel quale non era risuonato il dolce suono della tua voce che all’improvviso mi ha detto: “Vieni e seguimi”.

Oggi ci dici: “Tornate nel luogo del nostro primo incontro, quando ci siamo perdutamente innamorati l’Uno dell’altro, l’uno dell’Altro”.

Donaci Signore Gesù la forza per riprendere questo cammino.

Amen.

 
 
 

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