Nuove idolatrie.
- Bruno Tarantino
- 18 apr 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Abbiamo la promessa di Gesù: "Le porte degli inferi non prevarranno su di essa (la sua Chiesa)".
Sono giornate convulse per tutti.
Per i politici che non perdono occasione per sottolineare più le distanze ideologiche che il tentativo di uscire insieme da questa grave crisi sanitaria e che apre ad una ben più grave crisi economica.
Per gli amministratori che, vittime di una sguardo breve, non prospettico, cominciano a pensare a riaperture di attività senza alcun discernimento (ora il problema sembra essere unicamente come organizzare le spiagge in vista della stagione estiva, mentre abbiamo ancora negli occhi e nel cuore la preoccupazione di solo qualche giorno fa di come garantire la cremazione ad una fila interminabile di cadaveri) . Ci dicono che ciò che li spinge è la ripresa economica, io ho molti dubbi che sia questa la reale intenzione.
Ora anche i vescovi spingono per una riapertura delle chiese e dei luoghi di culto, ci dicono che la gente (quelli che vogliono parlare forbito usano l'espressione "il popolo di Dio") reclama la messa.
Bah?. Io qualche dubbio ce l'ho. Non erano ancora entrate in vigore queste norme così stringenti e all'ultima messa celebrata in regime di libertà avevo undici persone. Le altre avevano deciso spontaneamente di distanziarsi (ben prima delle norme).
Vogliamo riaprire le chiese? Va bene. Ma non diciamo che è perché lo vuole la gente. Almeno noi non raccontiamoci bugie. E' vero... la chiesa senza una comunità concreta che si raduna è una contraddizione in termini. In fondo la parola stessa chiesa vuol dire assemblea. Ma se ci fermiamo a questa dimensione perdiamo l'identità più vera della Chiesa. Da Agostino in poi si è fatta spazio la convinzione di una Ecclesia ab Abel, cioè di una chiesa che inizia con Abele, figura di tutti gli ultimi e indifesi della storia, di tutte le vittime di violenza e di ingiustizia. Addirittura si parla di Ecclesia ab Adam, cioè di una cattolicità (intesa nel senso proprio) che abbraccia ogni persona.
Eppure né Adamo, né Abele, né tanti altri dopo di lui hanno mai vissuto la chiesa come la intendiamo noi.
La vita normale della chiesa-comunità è fatta di riti, appuntamenti, sacramenti, incontri. Ma in regime di a-normalità volere a tutti i costi voler tornare ad usi e costumi consueti denota, quantomeno, poca capacità di vivere il reale, il presente.
Chi sta in trincea, come lo sono molti parroci, religiosi e religiose, non possono non vedere il fiorire di una carità che emoziona. Nel popolo di Dio, nell'Ecclesia ab Adam, c'è stata una corsa a quella che il mondo ama chiamare solidarietà e che l'ecclesiolese chiama carità o elemosina. Forse che questa non è una dimensione vitale della chiesa? Dovremmo rileggere il capitolo 25 del vangelo di Matteo o il capitolo 10 del vangelo di Luca.
Il regime di distanziamento sociale ancora non sta distanziando i cuori delle persone stesse. La Chiese uscirà perdente da questa guerra se non lavora sin da subito per evitare che ci sia un distanziamento dei cuori.
Avendo fretta di arrivare al Tempio per la celebrazione del rito il sacerdote e il levita hanno perso la possibilità di incontrare il vero volto di Dio reso evidente nel corpo piagato di quel povero malcapitato che percorreva la strada della vita.
La vignetta posta all'inizio di questo post dice in maniera plastica ciò che ho cercato di balbettare in questo lungo post, per amore alla Chiesa (...continua).
Spero vivamente che in questa dura ripresa che ci aspetta almeno i cuori rimarranno vicini!